Confucio diceva che quello della riflessione era uno dei metodi per ottenere saggezza e buon senso. Einstein attribuì alle proprie riflessioni sullo spazio e sul tempo le ragioni per cui fu proprio lui ad elaborare la teoria della relatività; Edward Young, poeta britannico, affermò che un’anima senza riflessione è destinata a cadere in rovina.
In questo articolo intendo parlare della pratica riflessiva, e cioè la capacità di riflettere sulle proprie azioni in modo da impegnarsi in un processo consapevole di apprendimento continuo che ci permette di approfondire il nostro pensiero e ci aiuta a dirigere i processi di apprendimento, e di come possiamo applicarla all’interno dell’analisi delle nostre proposte di allenamento.

Differenti tipi e livelli di riflessione
L’importanza dell’utilizza della pratica riflessiva all’interno dello studio dei nostri allenamenti deriva dal fatto che la riflessione è intesa come il processo che trasforma l’esperienza in conoscenza. Attraverso di essa dunque non ci si limita ad osservare cosa avviene all’interno delle nostre proposte esercitative, ma si comprende perchè e come le cose che osserviamo avvengono, fattori fondamentali in sede di analisi del nostro metodo di coaching che troppo spesso vengono trascurati o, addirittura, nemmeno considerati.
Secondo gli studi di Donald Alan Schön (1991) sulla pratica riflessiva riportati nel suo testo “Il Professionista Riflessivo”, esistono due differenti tipi di riflessione:
- la riflessione nel corso dell’azione (“In action”)
- la riflessione sull’azione (“On action”)
La riflessione “in action” avviene è una forma di riflessione che avviene durante la sessione d’allenamento. Si tratta dunque di tutte le valutazioni e considerazioni che facciamo nel momento stesso in cui stiamo osservando lo svolgimento di una proposta esercitativa. Facendo un esempio pratico è il caso che si verifica nel momento in cui, mentre stiamo svolgendo un possesso palla posizionale 8 contro 6 ci accorgiamo attraverso l’osservazione che lo spazio che abbiamo preparato per lo svolgimento dell’esercitazione è troppo piccolo per il raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo prefissati e dunque, interveniamo con le modifiche necessarie.
La riflessione “on action” è descritta come qualsiasi tipo di riflessione che si verifica dopo che la pratica è terminata.
Secondo T.Cassidy, R.L.Jones e P.Potrac, ricercatori ed autori del libro “Understanding Sports Coaching”, sono identificabili tre livelli su cui un allenatore dovrebbe riflettere:
– Riflessione tecnica: si tratta della prima fase della riflessione, la più comune. In questa fase della riflessione il coach si focalizza principalmente al raggiungimento degli obiettivi e all’osservazione dell’utilizzo efficace della conoscenza. L’allenatore, in questa sede di analisi, valuterà se la sessione è stata un successo rispetto agli obiettivi prefissati.
– Riflessione pratica: si tratte di una fase di riflessione maggiormente profonda rispetto alla precedente, in cui l’allenatore esaminerà gli obiettivi della sessione e valuterà come e perchè sono stati raggiunti o meno.
– Riflessione critica: è la fase di riflessione più profonda, in cui il coach rifletterà sul livello della conoscenza dei suoi atleti e della loro comprensione di ciò che accade. Verranno osservati inoltre tutti i cambiamenti portati all’ambiente dai comportamenti dei giocatori.
Utilizzando questo tipo di riflessione a tre livelli, dunque, non ci si limiterà ad analisi superficiali, ma si approfondirà il come e il perchè di ciò che accade, cementandone la comprensione. Troppo spesso la nostra analisi si riduce ad una riflessione di tipo tecnico, valutando semplicemente se l’obiettivo delle nostri esercitazioni è stato raggiunto, ma come allenatore dovremmo avere tutti il dovere di riflettere ancora più a fondo per iniziare a migliorare davvero la nostra pratica di coach.
Allenare significa assumersi una responsabilità nei confronti dei propri allievi.

Quali sono gli elementi su cui noi allenatori possiamo riflettere?

Altri modelli di pratica riflessiva
Esistono tuttavia altri modelli di pratica riflessiva che potrebbero essere utili agli allenatori per portare le proprie analisi ad un livello più profondo. Di seguito proverò ad illustrarne alcuni.
- Modello di Rolfe (2001)

Il modello riflessivo di Rolfe si basa sul ciclo di apprendimento di Terry Burton, pubblicato nel 1970 nel suo libro “Reach, Touch and Teach”. Questo modello è composto principalmente da tre domande:
– Che cosa?
- Che cosa è successo?
- Quali sono i fatti della situazione?
– E allora?
- Perchè è una questione importante su cui riflettere?
- Cosa suggerisce?
– E adesso?
- Cosa faresti diversamente?
- In che modo questo influenzerà la tua pratica futura?
Attraverso questa analisi viene data una descrizione di una situazione che porta poi all’esame della situazione e alla costruzione della conoscenza appresa attraverso l’esperienza. Successivamente, i coach dovranno riflettere sui modi in cui possono migliorare personalmente e sulle conseguenze della loro risposta all’esperienza.
- Reflective Learning Cycle di Kolb (1983)
In linea con la massima di Confucio secondo cui “se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo” il ciclo di Kolb si base sugli studi dell’apprendimento esperienziale secondo cui il nostro cervello acquisisce concetti molto più velocemente se spinto a metterli in pratica, vivendoli in prima persona. Sono proprio queste esperienze vissute che ci consentiranno di apprendere nuovi concetti.
L'apprendimento è un processo in cui la conoscenza viene creata attraverso la riflessione dell'esperienza.

Secondo il ciclo di Kolb ci sono quattro fasi per un apprendimento efficace:
– Esperienza concreta: fase in cui si incontra una nuova esperienza o si reinterpreta una esperienza passata e dunque esistente
– Osservazione riflessiva della nuova esperienza: in questa fase si analizza la comprensione dell’importanza di eventuali incongruenze tra l’esperienza attuale e quella precedente
– Concettualizzazione astratta: qui la riflessione lascia spazio ad una nuova idea o comprensione di un’idea, si acquisiscono cioè competenze e/o abilità grazie all’esperienza vissuta.
– Sperimentazione attiva: le nuove abilità vengono applicate in nuovi contesti e/o esperienze.
- Modello riflessivo di Gibbs (1988)
Ispirato al modello di Kolb appena illustrato, il modello di Gibbs è uno schema di riflessione in cui viene preso in considerazione anche l’area emotiva, aspetto assolutamente fondamentale del coaching.

Riflessioni personali
Come sempre accade, anche la pubblicazione di questo articolo è stata preceduta dall’analisi (o riflessione, per rimanere in tema) delle mie esperienze passate di coaching e dei miei comportamenti e da successivi studi da cui ho ricavato quanto avete appena letto. Credenza abbastanza comune in fatto di coaching è che si tratti di un semplice atto di “apprendimento attraverso l’esperienza” e che quindi tutto si riduca al tempo passato sul campo ad allenare. Questo però da solo non è sufficiente, ed è necessario, come detto, tramutare l’esperienza in conoscenza attraverso la riflessione. In particolare, una frase letta da qualche parte ha stimolato la mia attenzione e la mia voglia di approfondire questo tema, accendendo in me un piccolo campanello di allarme su quella che era stata la mia condotta come allenatore fino a quel momento:
Dieci anni di coaching senza riflessione potrebbero essere un anno di coaching ripetuto dieci volte
In quante occasioni avevo ripetuto gli stessi errori per mancanza di una riflessione profonda sulle mie proposte? Quante volte avrei potuto essere maggiormente d’aiuto ai miei ragazzi semplicemente andando oltre alla mera osservazione del raggiungimento o meno dell’obiettivo? Questo articolo mi ha dato dunque l’opportunità di rammentare che è sicuramente importante sapere “su” molte cose, ma l’apprendimento richiede più comprensione del semplice “conoscere” e che la mia personale formazione doveva necessariamente passare attraverso una riflessione critica del mio operato.
In conclusione di questo articolo, ecco alcune domande che ho sviluppato per creare il mio personale modello di pratica riflessiva:
- Cosa è andato bene durante la mia proposta e perchè?
- Cosa è andato invece male e perchè?
- E’ successo qualcosa che mi ha sorpreso e che non avevo preventivato? Che cosa? (Sottolineo che il fatto che possa accadere qualcosa che mi sorprenda possa essere visto come un qualcosa di assolutamente positivo. Se non dovesse capitare nulla di sorprendente vorrebbe dire che ho semplificato troppo qualcosa di complesso, il Gioco)
- Cosa avrei potuto fare di differente?
- Cosa mi ha impedito di farlo?
- Cosa ho imparato su me stesso?
E siccome le azioni costituiscono le fonti tutti i risultati, ho cercato di concretizzare ulteriormente questi quesiti attraverso la successiva formulazione di un piano d’azione che potesse aiutarmi a procedere dopo aver terminato la fase di riflessione:
- Cosa devo fare per migliorarmi affinchè in un futuro sia in grado di essere ancor più preparato per affrontare questa esperienza?
- Quali sono le qualità prioritarie da sviluppare per migliorare?
- Quali sono i passaggi che devo compiere per ottenere i miglioramenti?