La Fondazione Museo del Calcio ha le sue radici in un luogo che è il simbolo del calcio italiano, un centro rinomato in tutto il mondo: Coverciano. Incastonato in un angolo fra il campo 3, intitolato a Vittorio Pozzo e principale campo di allenamento utilizzato dalla Nazionale, e il campo 2, viene inaugurato il 22 maggio 2000 alla presenza delle massime autorità federali e civili. Nella sala “Mario Valitutti”, l’aula didattica del Museo, sono fra i pochi mattinieri che stanno già occupando i propri posti in attesa dell’inizio della lezione congiunta fra i corsisti Uefa A e Uefa PRO tenuta – complice la sospensione dei campionati per il Mondiale 2022 – da mister Luciano Spalletti.
Arriverà poco dopo, in tenuta casual e con ampio anticipo rispetto all’orario previsto di inizio del suo intervento. “Prima cosa fondamentale” esordisce mentre ad uno ad uno stringe la mano ai presenti “un allenatore non deve mai farsi aspettare. Deve sempre essere il primo ad arrivare agli appuntamenti.”
Poco alla volta la sala inizia a riempirsi. In aula ci sono una sessantina di allenatori, tra cui molti volti noti, come De Rossi, Aquilani, Emilio De Leo, Farioli, Palladino, Barzagli, Giaccherini, Amelia o il vice di Josè Mourinho, Salvatore Foti. Luciano Spalletti fissa la lista dei presenti, posa lo sguardo da una parte all’altra dell’aula – lentamente, quasi a voler fissare negli occhi ognuno di noi – poi inizia a parlare con la sua tipica flemma. Ciò che segue è solo una piccola parte dell’incipit introduttivo del suo intervento, durato più di tre ore e nel quale ha toccato, oltre ai temi di cui sotto, anche la parte più “pratica” del suo lavoro, dall’analisi dei suoi allenamenti a quella dei principi che la sua squadra ha messo in mostra in quest’ultimo campionato di Serie A.

La gestione del gruppo
Al centro dell’aula è posta una lavagna portablocco già piena di note, appunti e concetti chiave in attesa di essere approfonditi e sviscerati. Il primo fra questi ha un tema ben evidenziato, scritto in caratteri più grandi rispetto al resto e sottolineato due volte: la gestione del gruppo.
“La base di tutto” la definirà mister Spalletti. Mentre parla la mente scorre veloce ad alcuni episodi della sua carriera: il celeberrimo caso Totti alla Roma, il più recente litigio con Icardi all’Inter, piuttosto che la gestione di uno spogliatoio, a Napoli, che aveva appena perso tre dei suoi storici leader come Insigne, Mertens e Koulibaly. Uno che sul tema, insomma, ha sicuramente qualcosa da insegnare.
“Bisogna sempre guardare ciò che si fa con gli occhi dei calciatori” esordisce “cercando di mettersi nei loro panni, ma la disponibilità dell’allenatore deve arrivare fino ad un certo punto. Altrimenti si fa pensare ai giocatori che si dipenda da loro, perdendo ogni tipo di credibilità.”
Lascia la frase a metà, poi indica Barzagli, in prima fila e lo intima a leggere quando riportato sugli appunti al centro della stanza.
"Quando si gestisce un gruppo è necessario saper guardare con i loro occhi e ascoltare con le loro orecchie. Ci sono continuamente decisioni da prendere e la prima domanda da farsi nel valutare tutto le opzioni è quella 'se faccio così arriverà al gruppo?'
“Se non ci chiediamo quali conseguenze le nostre scelte potrebbero avere sull’equilibrio del gruppo rischiamo di non prendere la decisione migliore. Questa analisi ” continua “porta inevitabilmente a dover prendere, talvolta, delle decisioni scomode, ma per quanto faticoso possa diventare, la decisione di salvaguardare il gruppo non è mai sbagliata.”
Ci vuole personalità e per me aver personalità significa avere l’atteggiamento fisico e mentale corretto adattandomi alle situazioni che sono chiamato a dover gestire. E questo vale tanto per me come allenatore, quanto per i miei giocatori.”

Motivazione e professionalità, la base di tutto
Uno dei fogli successivi, riepiloga un elenco puntato di frasi, una serie di doveri individuali che “ogni giocatore della squadra deve poter leggere tutti i giorni. Per questo ” dirà ancora una volta il mister “è necessario che siano posti in un luogo ben visibile del centro sportivo. E soprattutto è fondamentale che, una volta accettati, vengano firmati e sottoscritti dal capitano, che si farà da garante in nome di tutta la squadra.”
- Devo andare ad allenarmi
- Devo andare a fare fatica
- Voglio essere allenato
- Voglio essere pronto
- O pago il prezzo della disciplina o pago il prezzo del rimpianto

"Non concepisco il fatto che noi allenatori dobbiamo motivare i giocatori. Le persone che non sono in grado di motivare se stesse devono accontentarsi della mediocrità...per sempre. Non importa quanto siano impressionanti le loro capacità."
Ascoltare mister Spalletti ha un nonsochè di ipnotico. Ogni parola viene scandita lentamente, tra le pause quasi teatrali tipiche delle sue conferenze stampa incastonate in un velato accento toscano. Si muove avanti e indietro, mantenendo sempre lo sguardo sui presenti, che nel frattempo, per il modo in cui parla, sembra siano diventati i suoi calciatori piuttosto che colleghi o aspiranti tali.
“Siamo sempre noi la causa quando le cose non vanno come vorremmo che andassero. Bisogna assumersi le proprie responsabilità, sempre, ricordandosi che quando si è calciatori lo si è sempre, in ogni momento.”

Fra le grandi doti universalmente riconosciute di mister Spalletti c’è sicuramente quella di aver sempre anticipato sui tempi molti suoi colleghi con idee tattiche che sono poi diventate d’uso piuttosto comune in campo europeo. Una dedizione e alla cura del dettaglio che si ripercuote anche in altri ambiti, non prettamente calcistici ma assolutamente attuali e “paralleli” come quello sull’utilizzo dei social.
“Nulla deve essere lasciato al caso. I calciatori devono capire che rappresentano la società per cui giocano ogni giorno, in ogni momento della giornata.”
"Anche se a volte possono essere divertenti, non dimenticate mai che i social sono una finestra aperta su ognuno di voi, sulla squadra e sullo spogliatoio."
“Pertanto vanno usati con intelligenza, prevedendo sempre l’effetto che possono avere sui nostri tifosi, in modo da non provocare preoccupazioni che compromettano il nostro lavoro e il loro attaccamento alla maglia. Chi ci ama, ci segue e ci sostiene non deve mai pensare che la propria fede sia in mano a bambini presuntuosi e capricciosi, piuttosto che a veri uomini e grandi professionisti.”
In che modo le nuove regole influiscono sul ruolo di allenatore
Il 2022 verrà ricordato negli anni a venire per essere stato l’anno che ha visto l’avvento di due nuove modifiche che hanno cambiato in modo significativo il gioco stesso: la possibilità di effettuare cinque sostituzioni anzichè le canoniche tre, già stata introdotta nel maggio 2020 per proteggere il benessere dei giocatori durante la pandemia, ma diventata ufficiale solamente a giugno di due anni dopo e l’incremento del tempo di recupero per rendere i 90 minuti sempre più vicini al tempo effettivo di gioco.
“Le cinque sostituzioni e i tempi di recupero che sono diventati da 10 minuti hanno cambiato tutto. Bisogna saper gestire una partita nella partita. Nelle teste dei calciatori subentrano nuove dinamiche che prima non c’erano, e pertanto bisogna prepararli. Bisogna prepararli ad essere i titolari dei primi 60 minuti piuttosto che i titolari dell’ultima mezz’ora, senza che chi inizialmente rimane fuori giochi abbassando le qualità delle sue prestazioni individuali per il fatto che si sente una riserva. Questo è un aspetto mentale su cui ho lavorato molto in quest’annata.”

In linea con gli ambienti soprastanti del Museo, anche l’aula in cui ci troviamo è piena di oggetti che racchiudono la storia di partite o calciatori che hanno fatto la storia del calcio. Poste in teche di vetro, nel lato opposto della stanza rispetto a quello da cui il mister sta parlando, si trovano – tra le altre – le maglie storiche di nazionali o squadre di Serie A, le scarpe indossate nell’ultima partita dalla Hall of Famer del calcio femminile Melania Gabbiadini ed altri cimeli sportivi che da anni rammentano agli studenti la storia più o meno recente del gioco per la quale stanno studiando.
Per Spalletti è altrettanto fondamentale che gli ambienti del quotidiano delle sue squadre siano in grado di parlare e non perde occasione di rimarcarlo. “Le cose vanno scritte, sempre. Albertino (Aquilani, ndr), leggi” esclama mentre gira uno dei fogli della lavagna.
"Non dovete preoccuparvi di quello che avreste potuto fare nelle partite non giocate, ma dovete preoccuparvi di ciò che non avete fatto per vincere le partite"
“Va scritto.” sottolinea ancora ” Lo devono leggere tutti i giorni, perchè i ragazzi vanno educati a pensare in maniera diversa. Nel calcio di oggi si fanno sostituzioni dove si inserisce nel secondo tempo un giocatore che si è lasciato appositamente fuori per poter vincere la partita nell’ultima mezz’ora ed è necessario che chi entra, dopo un’ora di panchina, lo faccia al massimo dell’entusiasmo. Sono cose che vanno gestite, di cui va parlato, perchè con queste modifiche del regolamento è diventata una psicologia differente. Oggi, essere in vantaggio di 2 gol rischia di non essere più sufficiente se la squadra avversaria ti cambia tre giocatori tutti insieme. In quel momento inizia una nuova partita. L’Udinese (Napoli-Udinese, ndr) in questo modo ci ha rimesso in piedi la partita il mese scorso.”
Comunicazione
“Avete un profilo Whatsapp con le vostre squadre? Fatelo. E’ un metodo di comunicare che funziona, soprattutto al giorno d’oggi. Io faccio parte della chat dei ragazzi e ogni tanto, in mezzo ai loro ‘cazzeggi’ scrivo qualcosa o invio dei file video relativi ad aspetti tecnici, tattici o motivazionali che ritengo utili in quel determinato momento e quel qualcosa non se lo porta via il vento, ma resta su quella chat. Talvolta diventa un mezzo comunicativo molto più utile di una seduta video di squadra al computer. Un giocatore che guarda un video lo guarderà una volta sola, ma poi lo dimenticherà velocemente, il più delle volte senza imparare il messaggio che si voleva trasmettere. Quello che si vuole comunicare deve essere ‘pigiato’ nella testa dei calciatori e l’avere una chat di gruppo aiuta, perchè lì le cose restano e rimangono sempre a disposizione di chi le vuole vedere, anche più di una volta.
Il rapporto con i calciatori è un pò come quello con i figli. Quando si dice un qualcosa ad un giovane, gli si da una direttiva od un consiglio, spesso la prima risposta che si ottiene è una sorta di rifiuto o di negazione. Se le stesse cose gliele si lascia in forma scritta, che sia un messaggio piuttosto che un foglio o un libretto lasciato sul comodino, saranno loro stessi, in un momento di apertura, a leggerlo ed sarà esattamente quello il momento in cui il concetto farà realmente presa. Quanto lo faranno ripetutamente nel tempo, invece, dipenderà dalla qualità del vostro messaggio. Più sarà potente e più esso rimarrà nelle loro teste.”