La stagione 2019/2020 si presentava per i Los Angeles Lakers come una delle più importanti degli ultimi anni. Dopo 6 anni consecutivi fuori dai play-off, e dopo la firma di Anthony Davis come nuova spalla della superstar LeBron James, la gloriosa squadra gialloviola non poteva più fallire e si presentava ai nastri di partenza come una delle grandi favorite per la conquista del titolo NBA. Eppure, il 28 ottobre 2019, in una delle prime uscite casalinghe la squadra si è presentata ai suoi fans, durante i minuti di riscaldamento, in questa maniera. Una scena che si è ripetuta più volte nel corso della stagione.
Penso di non esagerare dicendo che un atteggiamento del genere prima di una competizione importante farebbe andare su tutte le furie la maggior parte di tutti gli allenatori di qualsiasi sport, eppure James e compagni, finirono la stagione in testa alla Western Conference con un record, prima dell’inizio del lockdown, secondo solo a quello dei Milwaukee Bucks, leader ad Est, che, per la cronoca, le partite le preparavano così.
Ora, premesso che la NBA è spettacolo e coinvolgimento a 360 gradi, che la differenza fra regular season e play-off è notevole, la domanda che mi pongo è: i Los Angeles Lakers e i Milwaukee Bucks possono permettersi di divertirsi perchè sono fra le migliori squadre del mondo o, al contrario, sono fra i migliori perchè si divertono? Ma soprattutto, quanto è importante e che incidenza ha sulla prestazione il riscaldamento prima della partita?
La funzione del riscaldamento
Roma, 27 maggio 2009. Barcellona – Manchester United, finale di Champions League. A pochi minuti dal fischio di inizio dell’arbitro Massimo Busacca gli inglesi stanno terminando il loro riscaldamento sul terreno di gioco dell’Olimpico. Tra le fila degli spagnoli, invece, ancora nessuno è uscito dal tunnel e nemmeno accadrà nei minuti successivi, fino al momento dell’ingresso in campo. Leggenda vuole che a dieci minuti dall’inizio della partita un collaboratore di Pep Guardiola si avvicinò al tecnico catalano per comunicargli il poco tempo a disposizione rimasto per uscire a riscaldarsi. “Pep, mancano dieci minuti.”, “Benissimo, perchè a me ne bastano sette.” Tempo in cui fece proiettare un video motivazionale fatto preparare appositamente per l’occasione.
Una finale di Champions preparata ed iniziata senza riscaldamento, senza aver “attivato” la muscolatura, senza aver provato il terreno di gioco e senza aver effettuato quello che molti ritengono essere una componente fondamentale ed imprescindibile per una buona prestazione. Ma è davvero così?
I primi minuti di quella gara sembrerebbero dire di si, lo United iniziò molto meglio e prese subito le redini del gioco, salvo poi subire il gol di Samuel Eto’o in maniera inaspettata dopo 9 minuti e perdere 2-0 al termine della partita. A dissipare ogni dubbio circa il condizionamento dovuto alla mancanza di riscaldamento, però, ci pensò Andres Iniesta, tempo dopo, analizzando la partita:
Non ci aspettammo di vedere il video motivazionale prima della partita. Era commovente, ma il fatto di non essere scesi in campo nel riscaldamento non ha influenzato molto i primi dieci minuti. Semplicemente lo United giocò meglio di noi.
Alla luce di questo si può dunque affermare che, col tempo, è stata creata un’idea del tutto conformista sull’importanza del riscaldamento? Perchè lo facciamo? Con quale scopo?
Le abitudini dei calciatori
Al Bayern i calciatori chiedevano sempre: "Perchè non corriamo?" Cascasse il mondo, il riscaldamento dei tedeschi inizia sempre con tre giri di campo in corsa lenta. Sempre. Eppure il termine riscaldamento significa scaldare il muscolo ed è dimostrato scientificamente che la corsa lenta non scalda i distretti muscolari che poi andrai ad utilizzare nel calcio. Ma non ci fu verso.
Le parole di Giovanni Mauri, attuale preparatore nello staff di Carlo Ancelotti, ed ex, fra le altre, di Real Madrid e Bayern Monaco, sono piuttosto esplicative di come, soprattutto nel calcio degli adulti, ci si debba confrontare con qualcosa che nel corso degli anni si radica sempre più nelle menti dei calciatori: le abitudini.
In questo senso, la prima cosa a mio avviso da dover fare, è non dimenticare che mai che alleniamo persone, tutti differenti, ognuna con le proprie idee e convinzioni e che, se vogliamo ottenere il massimo rendimento da parte di ognuno, dobbiamo rispettare tutto questo. Molto spesso quello di cui l’atleta ha bisogno è di un vero e proprio effetto placebo, seguendo una serie di abitudini che avranno costruito, nella sua testa, un’immagine ecologica riguardo alla propria prestazione e che influenzeranno il suo rendimento.
"In certe occasioni bisogna dare ai giocatori delle "caramelle" che, anche se non influenzeranno direttamente il suo rendimento, lo fanno sentire migliore, influenzandolo in maniera indiretta."
Giovanni Mauri
Messi e Dani Alves erano soliti iniziare la sessione di riscaldamento con alcuni passaggi vicino agli spalti, sempre rigorosamente insieme.
"La libertà che diamo al riscaldamento non deve compromettere il compimento dei suoi obiettivi”
Lorenzo Buenaventura
Attivazione. Fisica o mentale?
Ligorna – Goliardica, ultima giornata del campionato regionale U17 dell’anno 2018/19, è stata senza dubbio una delle partite più “sentite” che abbia mai avuto il piacere di seguire dalla panchina. Se è vero che le quattro squadre qualificate ai play-off per l’accesso alle finali nazionali erano già decise, ed entrambe eravamo fra queste, il primo posto del campionato era ancora in ballo e un solo punto separava le prime tre squadre della classifica, mentre la quarta era distanziata da più punti. Per uno strano scherzo del calendario poi, tutte e quattro ci sfidavamo in due scontri diretti che avrebbero deciso chi avrebbe avuto il vantaggio del fattore casalingo negli spareggi successivi, oltre alla soddisfazione di terminare il campionato in testa. Per noi poi, partiti da autentici outsider e con un punto in più su seconda e terza, quella partita rappresentava anche la possibilità di coronare un percorso di crescita davvero magnifico.
A distanza di tempo i ricordi di quella partita si fanno piano piano sempre meno nitidi, purtroppo, ma quello che rammento in maniera assolutamente chiara sono i minuti precedenti alla gara. Nello spogliatoio regnava il silenzio, il classico silenzio che precede gli attimi prima delle partite importanti, il silenzio di chi sta già cercando la concentrazione perchè sa che la partita è già iniziata ancor prima del fischio dell’arbitro. Guardai i miei ragazzi e immediatamente capii che non avevo loro molto da dire e che, soprattutto, non era necessario un mio intervento prima della partita per “guidarli” verso ciò che avrebbero affrontato da li a poco. Dissi loro pochissime parole dopo le quali uscimmo in campo e lasciai ogni ragazzo libero di fare ciò che desiderava, mentre io restai tutto il tempo in silenzio ad osservarli, fermo sulla linea di centrocampo, la schiena agli avversari.


Ognuno fu lasciato libero di gestire il riscaldamento come meglio credeva, e questo perchè quel giorno quello che capii era che forse, in quel momento, ciò che sarebbe stato davvero funzionale non erano rondos, possessi posizionali o tiri in porta. Non si trattava di una preparazione dal punto di vista fisico e nemmeno un’occasione per un’ultima rispolverata di qualche concetto di natura tattica, ma solo ed esclusivamente una preparazione di tipo mentale e, in quanto tale, differente da giocatore a giocatore.
Il risultato finale? Forse fu un caso, ma da quel 4-0 in casa della grande favorita per la vittoria finale, esprimendo una delle migliori prestazioni dal punto di vista sia individuale che collettivo, la mia visione sul riscaldamento pre partita è completamente cambiata.
Conclusioni
Premesso che l’esempio posto su Pep Guardiola è chiaramente un’estremizzazione di un concetto e che chiunque abbia mai visto o studiato una partita del catalano avrà sicuramente visto e notato come i suoi riscaldamenti siano tali a tutti gli effetti, penso che la parola “equilibrio” sia il termine che più si addice come risposta al quesito iniziale circa l’importanza del riscaldamento.
La parola riscaldamento significa “scaldare il muscolo”, aumentando la temperatura inframuscolare di 1.5 gradi centigradi, portando ulteriori benefici come la viscosità, la capillarizzazione, o l’attivazione di alcuni gruppi muscolari. Non si può però sottovalutare il fatto che il riscaldamento finisce 15 minuti prima dell’inizio della gara, e dunque è impensabile pensare di portare il suo massimo beneficio fisico in campo.
Ecco perchè ritengo che l’attivazione pre gara sia utile, certamente si, ma fondamentale molto di più da un punto di vista mentale che non fisico, lasciando il giusto spazio all’individualizzazione del tempo disponibile.
"Avete mai visto un felino fare riscaldamento prima di andare a cacciare? Eppure i felini hanno gli stessi muscoli di mammiferi come noi umani."
Maurizio Seno
"Tutti noi abbiamo un potenziale energetico limitato. A volte vedi squadre che fanno un riscaldamento con una intensità tale da avere la divisa completamente sudata. Ma siamo sicuri che sia stato produttivo o hanno solamente buttato via un sacco di energie prima della partita?"
Maurizio Seno