Quello di mister Fulvio Pea è un viaggio che lo ha portato dal Nord al Sud Italia, passando per la Bulgaria, fino ad arrivare, oggi, in Cina. Un viaggio in cui è stato allenatore dell’attività di base, di settore giovanile, vice allenatore di squadre professioniste, allenatore ed ora, anche responsabile tecnico. Ha vinto quasi tutto quello che c’era da vincere con la Primavera della Sampdoria e quel “quasi” che gli mancava se lo è preso qualche anno dopo con la Primavera dell’Inter. E sembra il classico inizio da favola, ma questo viaggio è iniziato fra le mura di un oratorio.
“Ho iniziato il mio percorso lavorando con una squadra di nove bimbi dei Primi Calci con l’unico obiettivo di fargli fare attività fisica attraverso il pallone. Alla fine dell’anno il numero degli iscritti raggiunse i 36 bambini e ritengo ancora adesso che avere trasmesso la gioia di giocare a calcio a dei bambini che con loro entusiasmo hanno contagiato altri loro compagni, sia il mio migliore risultato sportivo. Soprattutto perchè, a proposito di risultati, quella stagione sportiva fu drammatica in tal senso. Facemmo 1 solo punto in tutto l’anno.
Porto ancora con me il ricordo di quegli inizi e la soddisfazione più grande l’ho ricevuta qualche anno fa quando tornai a Lodi per un corso allenatori e trovai dodici di quei miei ex allievi con una targa in memoria di quegli anni.”
Mister, in una recente intervista Maurizio Viscidi, coordinatore delle selezioni italiane, ha dichiarato che siamo arrivati al punto in cui ormai i club e le nazionali straniere che vogliono costruire basi metodologiche solide per le loro selezioni giovanili non chiamano più noi italiani ma preferiscono affidarsi alla scuole allenatori spagnole e portoghesi. Lei è l’eccezione che conferma la regola…
Viscidi conosce benissimo la storia del calcio, passata e attuale…
Anche in Cina ci sono moltissimi allenatori stranieri e la maggior parte sono proprio spagnoli e portoghesi, ma anche brasiliani. Come tutte le cose, penso che la moda condiziona le scelte. Purtroppo il nostro calcio negli ultimi anni dal punto di vista delle nazionali non ha fatto benissimo e quindi all’estero si cercano di più istruttore e allenatori di altri Paesi.
Io sono arrivato in Cina grazie alla stretta collaborazione che intercorre fra il Suning e l’Inter, sia a livello di Prima Squadra che di Settore Giovanile. Mi occupo solo ed esclusivamente dello sviluppo tecnico all’interno dell’academy, ruolo in cui sono il responsabile, e ho la fortuna di essere circondato da professionisti di alto livello che mi permettono di lavorare al meglio in questo mio nuovo ruolo.
Come è fare calcio in Cina?
Fare calcio qua è completamente diverso rispetto a farlo in Europa, per molti motivi.
Il primo dei tanti è legato alla enorme vastità del Paese e alle distanze che ci sono fra una città e l’altra: basti pensare che in certi periodi dell’anno ci sono città al nord in cui la temperatura è abbondantemente sotto lo zero, ad altri al sud in cui invece ci sono 20 gradi. Questo fa si che i campionati si concentrino tutti da aprile e fine novembre, a parte quest’anno che inizieranno i primi di luglio a causa della pandemia.
Un’altra ragione per cui è più difficile fare calcio in Cina è legata ad un problema strutturale: qui le società di calcio iniziano con l’attività di settore giovanile con le squadre U12, nell’anno in cui bambini finiscono le scuole elementari, e viene a mancare tutta la base della piramide, che viene svolta invece nelle scuole. Questo purtroppo è necessario per il fatto che anche gli spostamenti nelle singole città sono molto difficili, per raggiungere il nostro centro sportivo da alcuni parti della città sono necessarie anche due ore e ciò ovviamente influirebbe sul tempo che i bambini avrebbero a disposizione per lo studio.
In tal senso come Suning abbiamo avviato progetti di collaborazioni con alcune di queste scuole, ma non è sempre così semplice, perché molto di esse sono accademie storiche, gelose della propria storia e non sempre riusciamo a trovare terreno fertile in tal senso.
In che senso sono accademie storiche?
Fino a pochissimi anni fa non esistevano campionati giovanili nazionali, ma tutto il movimento calcistico giovanile avveniva con campionati fra scuole, un po’ come accade negli USA. Solo recentemente si è introdotto un modello più europeo, in cui tutte le squadre di Prima Divisione competono in un campionato a parte anche a livello giovanile, cosi come la Seconda e la Terza Divisione.
Prima di questo quindi esistevano scuole con una maggior tradizione sportiva di altre, e questo prestigio se lo portano dietro ancora adesso a livello di attività di base, e cambiare alcuni dei loro principi metodologici non è semplice, perché loro li vedono come vincenti.
Oltre a queste complicazioni, estrinseche al lavoro di formazione del club, possiamo evidenziarne di diverse?
Si, un terzo motivo è dovuto al fatto che, a partire dall’ U12, e cioè da quando un bambino può accedere all’academy del club, abbiamo tutti giocatori che vivono in convitto e per bambini di 12 anni vivere tutto l’anno fuori casa, vedendo i genitori molto poco, è davvero molto complicato dal punto di vista emotivo. Questa distanza forzata da casa fa si che qualcosa venga perso nel loro percorso di crescita e nella formazione di principi morali che la famiglia trasmette. L’aspetto emotivo viene spesso sottovalutato ma è un fattore determinante nella formazione di un calciatore.
Come ha organizzato il suo lavoro di direttore tecnico per cercare di colmare questo tipo di lacune strutturali?
Per prima cosa abbiamo diviso la programmazione e la metodologie del lavoro sulla base di tre grandi categorie sulla base dell’età: nel primo gruppo le squadre U12 e U13, nel secondo U14 e U15 e nel terzo U16, U17 e U18.
Con le categoria U12 e U13, che per noi sono le categorie di ingresso, lavoriamo come se fossero dei Pulcini in Italia. Il focus è solo ed esclusivamente indirizzato allo sviluppo della tecnica e tattica individuale, che è la carenza più grande che ho individuato in Cina.
Purtroppo, e qui esce un’altra problematica riguardo alla crescita del calcio in questo Paese, le temperature nella nostra città, che è una delle principali, in questo momento superano i 30 gradi, e non siamo neanche in estate, pertanto avere un’alta intensità elevata durante gli allenamenti è quasi sempre impossibile per via del necessario recupero fisiologico e lo sviluppo della tecnica risente di questa mancanza di intensità.
Nelle leve più grandi abbiamo portato molte novità a livello metodologico, abbiamo modificato le tipologie delle corse inserendo corse intermittenti, abbiamo cambiato il capitolo della forza inserendo la forza eccentrica, abbiamo creato un reparto di match analysis, inserito il training load, coinvolto maggiormente i dottori. In un anno abbiamo fatto tantissimo.
Per quanto riguarda lo sviluppo della singola seduta che principio metodologico seguite?
All’ inizio di quest’anno, durante la riunione che ho avuto con tutti gli allenatori del settore giovanile, ho spiegato loro la metodologia da seguire per costruire ogni singolo allenamento: ho illustrato loro sei macro sezioni, ognuna delle quali era una sorta di contenitore da dover riempire, e ho chiesto loro di riempire ogni seduta con cinque di questi concetti.
Questi sei contenitori sono il riscaldamento tecnico, quello con possessi, la PTT (preparazione tecnico tattica), i giochi di posizione, la partita e il lavoro atletico.
Ovviamente ciascun argomento è rapportato alla fascia d’età, nelle leve più piccole il focus è sempre sullo sviluppo della gestione di situazioni di 1 contro 1, mentre nelle leve più grandi lavoriamo più di reparto.
I tempi per lo sviluppo di ciascuna di queste categorie sono a discrezione del singolo allenatore o sono stabiliti dalla metodologia del club?
Sono a discrezione degli allenatori, sono loro che scelgono quanto riempire ciascun contenitore in ogni seduta, così come spetta a loro la scelta di mezzo allenante da utilizzare e cioè del tipo di esercitazione.
Fornite qualche linea guida agli allenatori di tutte le vostre squadre per quanto riguarda gli obbiettivi tecnico-tattici su cui lavorare o anche questo è a discrezione dei vostri tecnici?
Riguardo a questo ogni 45 giorni fornisco loro dei temi da sviluppare, uniformando il lavoro di tutto il settore giovanile.
Questo mese per esempio abbiamo lavorato sul pressing basso, sul concetto di palla coperta e palla scoperta, sulle coperture centrali, la diagonale lunga.
Il mese prossimo invece passeremo al pressing alto, all’inserimento di un centrocampista fra i difensori centrali, il tutto ovviamente, sia in fase di possesso che di non possesso.
Ogni mercoledì, quindi a cadenza settimanale, facciamo poi una riunione con tutti gli allenatori del settore giovanile confrontandoci sul tema di lavoro, mostrando video e possibili esercitazioni che loro potrebbero riprendere e sviluppare all’interno delle sedute.
E’ stato facile portare questi nuovi cambiamenti metodologici?
All’inizio non è stato semplice, ci siamo dovuti scontrare con un certo grado di chiusura legata alla loro cultura, adesso posso dire invece che tutti gli allenatori sono molto aperti, curiosi, e hanno cambiato molto il loro modo di allenare.
Per esempio è stata abbandonata, come ti dicevo prima, la corsa resistenze in favore della forza intermittente, molto più legata al modello prestativo della partita.
Sono molto soddisfatto del livello di crescita mostrato dai nostri allenatori, al punto che la società ha deciso di non rinnovare alcuni allenatori italiani in scadenza a favore di altri locali. Basti pensare che attualmente siamo 2 allenatori italiani e 5 cinesi, mentre in precedenza, quando siamo partiti, eravamo 4 italiani e 3 cinesi.
Ovviamente a livello umano mi è spiaciuto molto perderli, per me era piacevole avere allenatori del mio stesso Paese con cui confrontarmi, ma a livello professionale sono profondamente orgoglioso del fatto che la società ha trovato in me una persona che sta aiutando i loro allenatori a crescere.
Vengono date linee guida anche per quanto riguarda determinati principi di gioco da seguire in ogni categoria?
In questo senso distinguiamo la fase difensiva da quella offensiva.
In fase difensiva tutte le squadre si muovono allo stesso modo; per la fase offensiva invece, essendo molto legata alle qualità individuali dei giocatori, lasciamo che siano gli allenatori a trovare i principi più utili per la loro squadra.
Lo stesso discorso vale anche per il sistema di gioco: nel nostro settore giovanile, guardando alle leve più grandi, abbiamo tre squadre che hanno esterni molto veloci e quindi adottano tutte e tre lo stesso sistema di gioco, cercando di sfruttare l’ampiezza.
In una squadra del nostro settore giovanile, però, abbiamo carenze in questi ruoli e quindi il sistema di gioco è differente. Cerchiamo di sfruttare maggiormente le zone centrali del campo utilizzando il 4-3-1-2, non con poche difficoltà tra l’altro, perché qui tutte le squadre utilizzano il 4-2-3-1 ed è un modo di occupare il campo talmente radicato in loro che cambiare non è così semplice.
Come viene analizzata la partita?
Ho diviso l’analisi del nostro gioco in 4 sottofasi: in fase di possesso sono l’ inizio gioco, lo sviluppo, la finalizzazione e le palle inattive a favore; in fase di non possesso sono il pressing alto, il pressing basso, la linea difensiva e le palle inattive contro. Questi sono gli aspetti sulla quale ci concentriamo maggiormente per l’analisi del raggiungimento degli obbiettivi.
Abbiamo dovuto “schematizzare” molto gli aspetti del gioco per una questione di esigenza. Avevamo il dovere di essere il più chiari possibili nei confronti dei nostri allenatori, cosa che, per ovvi motivi linguistici era abbastanza complicata. Aver trovato questo metodo ci ha permesso di rendere più comprensibili le nostre richieste.
Quali sono le qualità degli allenatori selezionati per le giovanili del Jiangsu?
Quando parliamo dei bambini del settore giovanile, soprattutto nei primi anni, durante l’attività di base, bisogna tenere conto del fatto che hanno conoscenze limitate, ma capacità di apprendimento esagerate.
Un bravo allenatore del settore giovanile deve mettere i suoi giocatori nelle condizioni di provare, e soprattutto li deve incoraggiare a farlo, ed è ciò che cerchiamo di fare qui. Devono essere e devono sentirsi al centro di tutto.
I bambini hanno bisogno di credere in ciò che stanno facendo e, soprattutto, bisogno di farlo con gioia
Ai miei tempi si imparava a giocare in oratorio e questo è un ambiente che purtroppo i giovani non conoscono più, ma si dovrebbe riuscire a ricostruire questo luogo, dove da soli trovavamo le soluzioni ai problemi del gioco.
Se lo metti all'interno delle difficoltà e lo lasci pensare, il bambino la soluzione la trova.
Torniamo ai principi morali che ha menzionato in precedenza…
Assolutamente si.
Il calcio è un gioco di principi, tecnici ma anche morali. Ed entrambi si possono costruire.
Il suggerimento che do sempre ai giovani nuovi allenatori è quello di allenare con gioia e senza ambizioni di diventare famosi o ricchi, perchè la gioia di allenare ti fa rimanere concentrato sul presente e in questo modo si riescono a notare i particolari di cui ciascun giocatore ha bisogno per migliorare e crescere.
E’ sicuramente importante che l’allenatore arrivi al campo con la seduta strutturata e con idee chiare al riguardo, ma lo è altrettanto arrivare con un approccio positivo, perchè nel calcio spesso l’ambiente e le motivazioni fanno la differenza.
Nel corso degli anni ho avuto la fortuna di fare esperienze calcistiche di livello e raccogliere anche qualche risultato, ma lasciare un'impronta, non tanto calcistica, ma nella vita di qualcuno, è per me la cosa più importante che noi allenatori possiamo fare.