Le prime due uscite ufficiali della Sampdoria hanno portato nuovo entusiasmo tra calciatori e tifosi. Se il primo incontro è stato un pareggio con vittoria ai calci di rigore valida per il passaggio al turno successivo di Coppa Italia, la seconda partita è coincisa con l’esordio in campionato per la squadra di Pirlo. Il risultato è stato una buona vittoria sul campo della Ternana, mostrando un gioco davvero piacevole e di grande controllo nella prima mezz’ora, ma che, con il passare dei minuti è pian piano calato, fino a subire il forcing finale degli umbri da cui è nato il gol del finale 2-1.
Sampdoria – Pisa ha evidenziato invece i limiti attuali della squadra di Pirlo. In questa breve analisi mi sono concentrato su quelli emersi in una sottofase della fase di possesso dei blucerchiati: la costruzione dal basso.
La contrapposizione tattica
La Sampdoria di Pirlo ha giocato con un 4-3-3, anche se l’occupazione dinamica in fase di possesso rende la squadra piuttosto flessibile. A seconda dell’interpretazione della fase offensiva e del tipo di sottofase, la struttura può infatti variare in differenti forme di 4-2-1-3 o 3-2-2-3 con un ampio utilizzo del portiere, mentre durante la prima pressione la squadra ha spesso mantenuto una struttura di gioco più simile ad un 4-4-2. Askildsen, sostituto dell’infortunato Benedetti, ha giocato davanti a Yepes e Verre, fungendo da raccordo fra centrocampo e l’attacco. Il neoacquisto Pedrola ha giocato come esterno offensivo a piede invertito sulla fascia di sinistra, con De Paoli a piedi naturale a destro, con La Gumina ad agire centralmente. In difesa Stojanovic, novità dell’ultima settimana di mercato, ha preso il posto del partente Berezinsky come terzino destro, con Ferrari, Murru e Giordano a completare il reparto.
Il Pisa di Aquilani, alla prima uscita stagionale, ha utilizzato il 4-2-3-1 come schieramento base, con un’interpretazione in fase di costruzione che variava l’occupazione del campo in un 4-2-4 con un quadrato formato da difensori centrali e mediani molto schiacciato verso la difesa e molto spazio in zona di rifinitura.
Con Stojanovic che si spostava al centro la Sampdoria aveva un supporto dalla linea difensiva in fase di costruzione che gli permetteva, grazie anche all’ampio utilizzo del portiere, di avere una situazione di superiorità numerica centrale o laterale e un buon controllo di eventuali transizione negative. Tuttavia, l’approccio difensivo basato su marcature a uomo dei toscani ha messo in difficoltà la costruzione dei blucerchiati, mostrando alcuni limiti tecnici e, forse, strutturali della rosa.
L’idea di costruzione, fra 3-2-2-3 e 3-2-1-4 con poca mobilità
L’idea alla base del gioco di Pirlo è quella di ottenere un’uscita pulita della palla fin dalla prima costruzione, attraverso l’utilizzo di una struttura che consenta una ricerca spasmodica di vertici di costruzione che possano agevolare la ricerca del terzo uomo libero da marcatura. Dopo Giampaolo, però, la Sampdoria non ha coltivato un’importante cultura tattica improntata sul palleggio (il livello attuale è misurabile dagli immediati mugugni dei tifosi alle successive situazioni di costruzione dal basso dopo il primo gol subito, aspetto ambientale sottolineato e criticato dallo stesso Pirlo), e forse questo è uno dei motivi per cui, al momento la superiorità numerica limitata (+1) scelta da Pirlo per rispondere alla pressione avversaria in fase di costruzione, risulta ancora zoppicante, talvolta per motivi tecnici, altre volte per problematiche relative alle scelte di giocata. Soprattutto contro un sistema difensivo impostato su una marcatura con riferimento a uomo a tutto campo come quella impostata da Aquilani.
Il caso più emblematico è ovviamente quello relativo al gol dello 0-1: la Sampdoria ha chiaramente l’intenzione di privilegiare un’uscita del gioco per vie centrale, strategicamente preferibile per avere una risalita più pulita e con maggiori possibilità di mantenere impegnata la difesa avversaria. Eppure la scelta di Stankovic di giocare in direzione di Verre è decisamente forzata. Nella zona centrale del campo c’è una chiara situazione di parità numerica centrale, per di più la scelta, oltre che essere poco funzionale ad un’uscita in sicurezza della palla risulterà anche errata da un punto di vista tecnico per direzione ed intensità del passaggio. Soffermarsi solo nell’analisi della costruzione errata che è costata il gol sarebbe tuttavia banale e riduttivo.
Il gol subito ha infatti solamente accentuato alcune problematiche che erano emerse anche in precedenza. Oltre a qualche sbavatura posturale in fase di ricezione, è parsa piuttosto evidente la poca mobilità che sia Stojanovic che Yepes fornivano davanti alla prima linea di costruzione, difetto che rendeva anche vana l’idea di portare dentro un terzino. Contro un sistema di marcatura a uomo come quello impostato dal Pisa sarebbe infatti stato più opportuno giocare meno di posizione e manipolare la struttura di pressione avversaria con corse anche “a vuoto” in zone maggiormente esterne per facilitare linee di passaggio aperte verso il centrocampista libero o uno degli attaccanti in zona di rifinitura. L’ampio utilizzo di Stankovic come giocatore di movimento in costruzione dentro la linea difensiva, garantiva infatti ai blucerchiata la superiorità numerica nella proprio metà campo, soprattutto con Verre che, quando non si abbassava per risolvere il problema della mancata dinamicità, era piuttosto libero di ricevere nello spazio di rifinitura lasciato dalla linea dei quattro fissatori De Paoli, Askildsen, La Gumina e Pedrola. Tuttavia il numero 10 blucerchiato non è stato quasi mai trovato, anzi, molto spesso per ricevere palla tendeva ad abbassarsi eccessivamente portando ulteriore pressione in zona di costruzione e, di fatto, riducendo ancor più gli spazi per quella che era una seconda, possibile, alternativa alla mobilità: le giocate con il terzo uomo.
Un’altra criticità da risolvere, strettamente legata a quanto appena descritto, è la scarsa frequenza con cui i due esterni offensivi, De Paoli a destra e Pedrola a sinistra, hanno partecipato alla costruzione della manovra. Se è vero che il loro compito iniziale è quello di fissare l’ultima linea avversaria per apire spazi in zona di rifinitura, lo è altrettanto il fatto che talvolta la salita della palla per via centrali della Samp è risultata troppo prevedibile dalla staticità posizionale degli interpreti, agevolando il pressing avversario. Una possibile soluzione si sarebbe potuta trovare con un maggiore apporto degli esterni con corse incontro in zona laterale o intermedia e il conseguente movimento in avanti ad invadere di un centrocampista. Fondamentale con interscambi funzionali dunque, che avrebbero potuto diventare rotazioni coinvolgendo nei movimenti anche il terzino di parte, per esempio. A dir la verità, un tentativo in questo senso dalla Sampdoria è stato realizzato al 30° del primo tempo, ma con movimenti troppo scoordinati fra i giocatori. Con palla a Stankovic, Verre è il primo ad accorgersi dell’impossibilità a proseguire l’azione in maniera adeguata: sia la prima che la seconda linea di costruzione sono marcate a uomo, pertanto Verre abbandona la sua posizione di mezzala e va a sovraccaricare l’ultima linea d’attacco blucerchiata. Pedrola dovrebbe occupare lo spazio lasciato libero dal compagno, ma il suo movimento è troppo ritardato, oltre ad essere in verticale rispetto alla palla e quindi con una possibilità di ricezione solamente verso la propria porta e non quella avversaria.
La variante della costruzione diretta 4-2-4
Una variante meno utilizzata, ma che la Samp ha messo in mostra anche nelle partite precedenti, è quella di una costruzione dal basso a 4 con Stojanovic che mantiene la sua naturale posizione di laterale destro, Yepes e Verre ad agire davanti alla difesa, e Askildsen che avanza in posizione di attaccante fissatore vicino a La Gumina, con Pedrola e De Paoli ai loro lati. Quando ha utilizzato questo tipo di soluzione alternativa la Sampdoria ha attratto in pressione sei giocatori avversari a ridosso della propria area di rigore, lasciando una favorevole situazione di 4vs4 a ridosso della linea di centrocampo sfruttabile con una giocata sopra a scavalcare la prima pressione. Al momento della giocata, un giocatore, solitamente l’esterno Pedrola, si sfila sotto La Gumina, il predisposto per contendere il duello aereo, pronto ad agire su una seconda palla. Proprio in un’occasione come questa, al 21° del primo tempo, la Sampdoria è stata estremamente pericolosa: lo spagnolo ha controllato la palla respinta dalla difesa toscana, con un tocco ha saltato il suo avversario ed ha azionato La Gumina con uno splendido filtrante il quale, con una potenziale situazione di 2 contro 1 a proprio favore nei pressi del limite dell’aerea, dopo un buon controllo iniziale si è però fatto recuperare dal difensore avversario.
A differenza dell’idea di base, in questo caso la Samp attua una costruzione maggiormente diretta, senza lo sviluppo ponderato e di preparazione di cui sopra, tuttavia una maggiore alternanza con questa risposta tattica poteva risultare maggiormente funzionale per lasciare fin da subito molti giocatori avversari sotto la linea della palla sfruttando lo spazio creato in zona di rifinitura o per creare i presupposti, nelle situazioni future, di una contrapposizione meno aggressiva e più “incerta” da parte degli avversari.
Commento finale
Credo che il compito generale di Pirlo sia tanto affascinante quanto difficile. Oltre a dover gestire una squadra molto giovane con aspettative elevate dovute più al blasone della squadra nella categoria che affronta più che per le qualità tecniche della squadra, è chiamato anche a creare una nuova cultura sportiva all’interno di un ambiente che negli anni ha vissuto un calcio più reattivo che non propositivo. Gli errori iniziali sono sicuramente parte di un processo che richiederà tempo di adattamento, tuttavia sarà curioso vedere se, e nel caso come, Pirlo equilibrerà il giusto compromesso fra l’implementazione di un’idea differente dal passato e la ricerca del risultato, lavorando su limiti attuali e potenzialità future.