Il primo pilastro concettuale da chiarire quando si parla di leadership è che
il leader è azione, non posizione.
Parlare di leader, inteso come guida, significa porre in primo piano una serie di concetti che tengono conto di una base che sia
- emozionale
- cognitiva
- concettuale
L’essenza del leader
La leadership parte dalle persone e ha come obiettivo la gestione delle persone stesse. Tuttavia, la sola gestione non può considerarsi sufficiente, in quanto la sola gestione non implica automaticamente l’essere leader. Anzi, si può affermare con certezza che l’arte di gestire senza essere realmente un leader ha una scadenza relativamente breve rispetto al contesto in cui si deve operare. Figurarsi in un contesto come quello calcistico in cui la longevità all’interno di un club è più un’unicità che una rarità. Per fornire qualche dato la media degli anni in carica in un medesimo club per gli allenatori della Serie A è di 1,31 anni, nella Liga spagnola 1,34, nella Premier si sale a 2,36 anni. Anche negli altri sport le percentuali non variano di molto: negli Stati Uniti un coach della NFL resta in carica in media per 3,4 stagioni, mentre nella NBA si parla di 2,4 anni di media per allenatore.
In ogni caso, la durata del margine della gestione di un allenatore è direttamente proporzionale al livello di coesione del gruppo, al vincolo emozionale presente rispetto all’assenza del leader e con la coerenza di attitudine che si mantiene rispetto alla propria linea gestionale.

Il leader è il gestore delle emozioni e il responsabile della promozione delle interazioni necessarie per dotare i giocatori dei maggiori mezzi e delle migliori opzioni.
L'allenatore, inteso come leader, è l'incaricato del miglioramento del potenziale.
Per questo deve, in primo luogo, essere un buon osservatore e, in seconda battuta, un buon valutatore.
La complessità dell’essere umano costituisce la base del gioco e proprio da questo paradigma deriva il fatto che il giocatore è alla base del gioco. Secondo quello che viene definito come il fenomeno della reciprocità acquisita del gioco, infatti, da e riceve in campo, per il gioco e dal gioco. Per questa ragione non possiamo smettere di considerare la leadership come una necessità intrinseca al funzionamento di un collettivo le cui radici sono ancorate e alimentate dalla complessità del capitale umano e della sua coordinazione e gestione necessarie per funzionare, rendere ed evolversi.
L’empatia come pilastro della leadership
La leadership è un fenomeno emozionale che consiste nel lavorare per raggiungere gli obiettivi prefissati e il suo raggiungimento dipende da ciò che accade emozionalmente fra chi lo deve conseguire. Nel contesto della squadra di calcio, riducendo ai minimi termini, tra l’allenatore i suoi giocatori.
In questo senso, il leader deve generare la possibilità che i giocatori trasmettano idee ed opinioni in modo tale che si generi un compromesso ed una coesione di squadra. I giocatori devono sentire che le idee sono in parte anche loro, e questo li connetterà alla responsabilità. Agire con responsabilità implica poi il sufficiente grado di maturità che genera il sentirsi parte attiva di un progetto. In questo modo il grado di motivazione dei giocatori sarà maggiore, in quanto sentiranno che il loro apporto forma parte di un complesso che è molto più grande della somma di tutte le parti. Per questo deve, in primo luogo, essere un buon osservatore e, in seconda battuta, un buon valutatore.
La complessità dell’essere umano costituisce la base del gioco e proprio da questo paradigma deriva il fatto che il giocatore è alla base del gioco. Secondo quello che viene definito come il fenomeno della reciprocità acquisita del gioco, infatti, da e riceve in campo, per il gioco e dal gioco. Per questa ragione non possiamo smettere di considerare la leadership come una necessità intrinseca al funzionamento di un collettivo le cui radici sono ancorate e alimentate dalla complessità del capitale umano e della sua coordinazione e gestione necessarie per funzionare, rendere ed evolversi.
La leadership è un fenomeno emozionale che consiste nel lavorare per raggiungere gli obiettivi prefissati e il suo raggiungimento dipende da ciò che accade emozionalmente fra chi lo deve conseguire. Nel contesto della squadra di calcio, riducendo ai minimi termini, tra l’allenatore i suoi giocatori. In questo senso, il leader deve generare la possibilità che i giocatori trasmettano idee ed opinioni in modo tale che si generi un compromesso ed una coesione di squadra. I giocatori devono sentire che le idee sono in parte anche loro, e questo li connetterà alla responsabilità. Agire con responsabilità implica poi il sufficiente grado di maturità che genera il sentirsi parte attiva di un progetto. In questo modo il grado di motivazione dei giocatori sarà maggiore, in quanto sentiranno che il loro apporto forma parte di un complesso che è molto più grande della somma di tutte le parti.

Creare empatia è dunque una delle questioni fondamentali nelle funzioni di leadership. Uno dei primi obiettivi che un leader deve perseguire, è quello di generare un sistema di esperienze condivise che possano favorire quella che viene definita empatia intragruppo, vale a dire quel tipo di empatia che si riferisce alla capacità di comprendere e condividere le emozioni, i pensieri e le prospettive delle persone all’interno dello stesso gruppo.
Gestire un gruppo significa anche saper maneggiare i sistemi di gestione per migliorare la qualità del lavoro sviluppando, al tempo stesso, l’empatia stabilendo una sana e matura relazione con gli altri, comprendendola e sollecitando la motivazione attraverso le proprie interazioni. Il tecnico, attraverso l’empatia, deve cercare di ottimizzare la qualità del lavoro e le capacità di ciascuno dei suoi giocatori per metterli al servizio della squadra tenendo ben presente il flusso secondo cui è l’allenatore che deve adattarsi alla squadra e agli elementi a sua disposizione, non il contrario.
Quello della leadership è un esercizio di generosità.
Un leader non potrà mai porre i suoi interessi al di sopra di quelli del collettivo.
Il rapporto con il potere
Essere leader implica il dover maneggiare un potere conferitogli. Questo potere dovrebbe essere maneggiato partendo dal principio di reciprocità che dovrebbe essere stabilito in ogni spogliatoio. Senza di esso, infatti, non potremmo neanche affermare di essere davanti ad un leader.
L’allenatore, in quanto leader, dovrebbe far si che il suo orgoglio non prenda mai il sopravvento sull’intelligenza e il buon senso. Allo stesso modo, un buon leader, non dovrebbe dubitare mai dei suoi giocatori: il dubbio sarà solo l’anticamera della diffidenza nel rapporto allenatore-giocatore e la mancanza di fiducia, neanche a dirlo, risulterebbe deleteria. L’allenatore è colui che decide e molte delle sue decisioni vengono condivise o non condivise. In ciascuno dei due casi, è fondamentale che la fiducia reciproca rimanga intatta, cosa che può accadere solo nel caso in cui le scelte derivino da una base di coerenza e maturità.
I cinque pilastri della leadership secondo Julio Velasco
1. Il leader deve essere sè stesso
E’ inutile provare ad essere quello che non si è, emulando altri. Un leader deve essere sostanza, non apparenza.
2. Il leader deve essere autorevole
Tradotto, deve sapere tutto di ciò di cui parla, nei minimi particolari, senza parlare per “schemi preconfezionati”. Il rischio di non sapere tutto sul tema sviluppato è quello di non risultare credibili agli occhi di chi ascolta.
3. Il leader deve essere (e sembrare) giusto
E si è giusti quando si tratta tutti quanti alla stessa maniera. Tuttavia non sempre questo è possibile in ogni circostanza, pertanto è fondamentale, quando non è fattibile, gestire la situazione con empatia, onestà e trasparenza.
4. Il leader deve saper combinare l’esigenza con l’aiuto
Deve saper equilibrare le richieste, la motivazione ed il controllo propri giocatori con la risoluzione dei problemi.
5. Il leader deve creare senso di appartenenza
Il senso di appartenenza delle persone nasce da questioni affettive, non tecniche. Non è tanto importante quanto tempo si trascorre in un posto, quanto lo è il creare delle situazioni di affettività, che sono in tutto e per tutto compatibili con quelle di esigenza.